Referendum Costituzionale – Valigia Blu

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Caro Massimo Cacciari, sbagli | Piero Bevilacqua

Lo storico Piero Bevilacqua interviene sui giudizi espressi da Massimo Cacciari sulla riforma costituzionale e sulla sua decisione di votare Sì al referendum.

“La sostanza storica è che Cacciari mette insieme cose diverse e soprattutto non scorge la frattura tra le rivendicazioni dei decenni passati, anche sue, e le riforme di Renzi. Intanto ricordiamo che l’esigenza di una riforma dello Stato, nata dentro alcuni settori del PCI, non era ispirata solo da ragioni di efficienza della macchina decisionale, ma soprattutto dalla volontà di un allargamento della democrazia. Abbiamo dimenticato che, sino almeno all’ascesa di Craxi, l’Italia è stata governata, con la cooptazione di qualche forza satellite, da un Partito-Stato, la DC, un monstrum unico in tutto l’Occidente? Per la verità, ricordando le battaglie federaliste degli ultimi decenni, Cacciari non dimentica le ragioni di una maggiore vicinanza delle istituzioni ai cittadini, ma proprio questo rende ancora più paradossale e insostenibile la sua posizione.

A essere tradito oggi è esattamente l’ordito federalista da lui auspicato, a favore di un neocentralismo che sta sottraendo materie importanti alle regioni, soprattutto per quanto riguarda il governo dei propri territori. Il nuovo Senato toglierà ancor più potere alle aree periferiche del Paese – com’è stato persuasivamente argomentato da tanti costituzionalisti di rango – non solo perché non tutti i territori saranno parimenti rappresentati.Ma anche per una ragione più grave e per certi versi drammatica. Ma si ha idea delle lotte che esploderanno all’interno dei Consigli regionali per accaparrarsi il posto di consigliere-senatore? Quanti mesi sottrarranno al lavoro dei nostri governi regionali? Quanta paralisi operativa si creerà?

C’è nel ragionamento di Cacciari, ma soprattutto di tanti altri commentatori, una impropria sopravvalutazione del fattore efficienza della macchina amministrativa. Fattore certo importante, ma spesso secondario. Attribuire al bicameralismo perfetto l’inefficienza dei nostri governi è una lettura semplicemente superficiale della storia politica italiana.Negli anni ’70 vigeva il bicameralismo, eppure in quel decennio sono state realizzate le riforme più importanti per la modernizzazione dell’Italia. E il ragionamento vale anche in periferia. Davvero si crede che le nostre regioni, soprattutto quelle meridionali, non siano capaci di utilizzare a pieno i fondi strutturali europei per pura inefficienza? In realtà sono lentissime nel decidere a causa delle lotte intestine trai i vari gruppi che si contendono le risorse e sono in perenne litigio sulle forme, i modi, i luoghi del loro utilizzo. Il guasto è nel corpo del ceto politico e lo si cerca nelle istituzioni.”

Da Eddyburg.org

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