Referendum Costituzionale – Valigia Blu

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Si scrive “interesse nazionale”, si legge “indirizzo politico governativo” | Stefano Aru

Non può convincere quanto si legge nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di revisione
costituzionale, laddove – a ben riflettere – ci pare si assista a un tentativo di insabbiamento, per mano del legislatore, della reale ratio legis sottesa allo stesso. Invero, sostenere che il novellato art. 117 Cost. attribuisca alle Regioni «un’autonomia in sé piena… contemperata soltanto dalla possibilità [per il legislatore statale] di attivare la clausola di supremazia, condizionata peraltro nei presupposti e nelle procedure», ci pare contradditorio e – sia consentito – del tutto lontano dal vero.

(…)

Assumendo che la nuova sede principale della rappresentanza politica delle autonomie regionali sarà
il Senato, ci saremmo intuitivamente aspettati, nei confronti di quest’ultimo, un coinvolgimento pieno e non, come invece previsto, solo eventuale e agganciato al raggiungimento della maggioranza assoluta.
Se a ciò si aggiunge, come statuito dall’art. 10 del disegno di legge costituzionale, l’attribuzione alla Camera dei deputati della prerogativa di disattendere le modificazioni proposte dal Senato con il semplice voto a maggioranza assoluta, allora appare davvero impresa ardua – in forza del sistema elettorale prefigurato per la Camera dalla l. 52 del 2015 – comprendere, in primis, come le autonomie regionali (rectius, il Senato) possano effettivamente contribuire alla tutela delle esigenze
di carattere unitario e, in secundis, come si possa giungere a sostenere che la clausola di salvaguardia possa incidere sulle stesse del tutto marginalmente.
Detto in altri termini, riteniamo che: a) la scelta in favore di un procedimento deliberativo ad hoc (sul modello monocamerale) e non bicamerale paritario; b) la riserva di iniziativa governativa, con il conseguente disconoscimento del potere d’iniziativa parlamentare; c) la riproposizione di presupposti sostanziali di attivazione caratterizzati da estrema vaghezza semantica e, da ultimo, d) l’assenza di stringenti parametri di sindacabilità sulla legittimità costituzionale, rappresentino l’espressione più evidente di come il reale obiettivo del legislatore di revisione altro non sia che perfezionare un meccanismo non tanto orientato a garantire l’«indirizzo politico-costituzionale», quanto al
perseguimento dell’«indirizzo politico-governativo».

A ben riflettere, ci pare che la formulazione, da parte dell’art. 31 del Ddl, della clausola di supremazia statale poggi su una torsione interpretativa del concetto di unità della Repubblica dalla quale scaturisce, secondo un rapporto causa-effetto, una distorsione della nozione di interesse nazionale. Riteniamo, in questi termini, che la clausola prevista si innesti su una concezione di unità della Repubblica intesa da un punto di vista politico-programmatico e non, come pare preferibile, nel senso di unità sotto il profilo costituzionale.

(…)

Ci pare, insomma, che la strada intrapresa dal legislatore costituzionale rischi di condurre alla perfetta fungibilità tra interesse nazionale e indirizzo politico-governativo. In questo senso, la clausola di supremazia sembra porsi in linea di coerenza rispetto a tutte le altre modifiche
che lo stesso legislatore intenderebbe apportare al Titolo V della Costituzione. Del resto, gli interventi previsti, ovverosia lo spostamento di numerosi ambiti competenziali all’alveo della potestà esclusiva statale, l’abolizione della competenza ripartita94, la soppressione delle Province e, da ultimo, l’introduzione di una clausola di supremazia statale, parrebbero inestricabilmente connessi da un comune filo rosso dal quale è possibile rinvenire il reale intento del legislatore riformatore: un appiattimento verso l’alto del baricentro decisionale a totale detrimento delle autonomie territoriali.

Vero è, per concludere, che ogni revisione costituzionale è figlia del suo tempo. Se non doveva e poteva stupire, ieri, dinnanzi alle pressanti istanze federalistiche, la scelta del legislatore di eliminare (seppur soltanto formalmente) qualsiasi riferimento testuale all’interesse nazionale, non deve sorprendere, oggi, con una bilancia che pende pesantemente verso soluzioni stato-centriche, la decisione di introdurre una clausola di supremazia che, per come è congegnata, risulta lontana da posizioni più equilibrate e rispettose dell’autonomia regionale.

Da Costituzionalismo.it


Segnalato da:
Pier Nicola Simeone

Categories:   Segnalazioni

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