No al referendum a pezzi | intervista a Stefano Ceccanti
Professore Stefano Ceccanti, si può “spacchettare” la riforma in diversi quesiti?
“No. Basti pensare che già la seconda lettura conforme del Parlamento richiede solo un “sì” o un “no”, senza possibilità di emendare il testo. Le Camere votano così e poi si spappola il testo davanti agli elettori? Sarebbe strano”.
Chi chiede lo spacchettamento ricorda che la Consulta ha richiamato nel 1978 all’omogeneità dei quesiti. Un unico quesito viola questo principio?
“Questo aspetto riguarda i referendum abrogativi, che intervengono su leggi già in vigore chiedendo al corpo elettorale se abrogare parzialmente o totalmente una norma. Non c’entra nulla con la riforma della Carta”.
In che senso?
“La riforma costituzionale è una sorta di patto, dal punto di vista tecnico e politico. Questi interventi prevedono delle compensazioni interne: si cede su un articolo, si bilancia con un altro. Tutto si tiene, è inimmaginabile cancellarne solo un parte”.
Può fare un esempio?
“Pensi alla riforma del Titolo V prevista nel ddl Boschi, che punta a diminuire i conflitti tra legislatori. Il realtà il vero intervento non è sul Titolo V – quindi sulle competenze – ma nel Titolo I, cioè nella previsione che i consiglieri regionali diventino membri del Senato. Tutto si tiene, vede? E potrei farle anche altri esempi”.
Prego.
“Immaginiamo che un quesito confermi i consiglieri regionali come senatori, ma che non passi la norma che sottrae al Senato il voto di fiducia. Ci ritroveremmo con consiglieri regionali che votano la fiducia al governo…”.
Non ci sono precedenti di spacchettamento?
“No, anzi: nel 2006 la riforma del centrodestra modificava 55 articoli, e nessuno ha chiesto di votare per parti separate. Ci sono invece casi di intere riforme della Costituzione votate con un unico quesito: in Francia per la Quarta e la Quinta Repubblica, in Svizzera nel 2000”.
In questo caso gli articoli modificati sono 41: ridurre tutto a un “sì” o a un “no” è ragionevole?
“Il fatto che ci sia un numero rilevante di articoli rafforza semmai la necessità del referendum unico perché, le ripeto, solo così si rispettano pesi e contrappesi. E poi, in quanti quesiti vorrebbero spacchettare il referendum?”.
C’è chi ipotizza in quattro, chi in sei.
“E perché non in otto? Chi lo stabilisce e con quali criteri? No, davvero: non funziona”.
da Repubblica
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