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La Riforma non è perfetta, ma i suoi nemici hanno torto | Angelo Panebianco

Non c’è nessuna «democrazia autoritaria» alle porte. Il governo sarà un po’ più forte (e un po’ più stabile ed efficiente) ma continuerà ad essere bilanciato da contropoteri che esistono oggi ma non esistevano agli albori della Repubblica: le istituzioni europee, la Corte costituzionale, le Regioni. Si rimedierà però a due gravi errori: il bicameralismo paritetico, appunto, che ha reso sempre debole e incerta la navigazione dei governi, e gli effetti della sciagurata riforma del titolo V che spostò dal governo centrale alle Regioni poteri e competenze che non avrebbero mai dovuto prendere quella strada e che mise i governi nella impossibilità di attuare politiche nazionali in alcuni ambiti cruciali.

Piuttosto, è giusto ricordare, come ha fatto Antonio Polito sul Corriere del 9 maggio, che la riforma del Senato è strettamente collegata alla legge elettorale (Italicum). Chi vota (in un senso o nell’altro) sul Senato vota anche, di fatto, su quella legge. Ci sono interessi, politici e corporativi, che, motivi ideali a parte, alimentano la «coalizione del no». In primo luogo, sono ostili diverse Regioni le quali preferiscono di gran lunga tenersi poteri e competenze regalate loro dalla riforma del titolo V, fonti di tante «insane» politiche clientelari, piuttosto che puntare su quell’influenza sana, pulita, che il costituendo Senato delle Regioni consentirebbe loro di esercitare in difesa dei rispettivi territori.

Poi ci sono alcuni settori della magistratura (Magistratura democratica fa parte del comitati per il no, e diversi magistrati stanno facendo campagna contro la riforma). Verosimilmente, temono il rafforzamento del governo, temono che, per effetto di quel rafforzamento, la loro posizione di preminenza entro il sistema politico possa, col tempo, indebolirsi. Ci sono poi gli interessi politico-partitici, quelli dei nemici di Renzi, interni al suo partito ed esterni, di coloro che vogliono affossare la riforma per sbarazzarsi del premier. Nulla da eccepire: è la politica, bellezza.

Da Corriere della Sera

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