Referendum Costituzionale – Valigia Blu

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Perché diciamo Sì al referendum sulla Costituzione | Fondazione Kuliscioff

È noto che tra gli ostacoli alla crescita economica del Paese vi sia tutta una serie di questioni riconducibili all’architettura istituzionale che trovano fondamento e legittimazione nella Costituzione. Tra queste la lentezza, la ripetitività e l’incertezza del processo legislativo, causata principalmente dal sistema del bicameralismo perfetto che da un lato provoca un andirivieni da una Camera all’altra di progetti e disegni di legge, e dall’altra istituisce nei fatti un forte potere di veto e di scambio che non sempre avviene alla luce del sole. Questa è, tra l’altro, la ragione per cui le riforme più importanti, per loro natura “divisive”, spesso vengono accantonate e lobbies, anche piccole ma agguerrite, riescono ad impedire l’approvazione di provvedimenti da esse osteggiati.

In materia di lavoro occorre riprendere una riflessione sull’attuazione delle norme costituzionali (anche tenendo in considerazione la legislazione e la giurisprudenza che si è venuta via via stratificando) degli articoli 36, 39, 40 e 46 della Costituzione, con la conseguente confusione e incertezza in ordine a diritti di rappresentanza, titolarità negoziali, campo di validità degli accordi collettivi e garanzie in ordine all’erogazione dei servizi essenziali.

Così come la frammentazione delle competenze tra stato, regioni ed enti locali produce, anziché una sana sussidiarietà, un labirinto procedurale e normativo che genera un concreto e diffuso diritto di veto, sostanziale o di fatto, tale da rendere lunghissimi i tempi di decisione e attuazione in materia di lavori pubblici, energia, turismo, trasporto.

La fine del bicameralismo perfetto, i limiti alla decretazione d’urgenza ma contestualmente i tempi certi per il voto parlamentare sulle iniziative governative, l’estensione degli strumenti di democrazia diretta previsti dalla Riforma producono un sistema di contrappesi finalizzato all’assumere decisioni, e non a impedirle, una tempistica certa nei processi decisionali e quindi un clima più favorevole all’economia.

La modifica del titolo V parte dalla constatazione che la confusione nelle competenze tra istituzioni ha determinato continui contenziosi su questioni che hanno un alto tasso di opinabilità interpretativa, con ricorsi continui alla Corte Costituzionale, al Consiglio di Stato e ai Tar. La soppressione della legislazione concorrente serve a razionalizzare in un’ottica duale il riparto delle materie. Dare certezze sulla normativa in vigore, produce effetti economici diretti perché porta prevedibilità e stabilità nelle decisioni pubbliche.

Del resto la riforma del titolo V, che lascia alle Regioni la potestà in materia di servizi sanitari e sociali, e prevede la possibilità di attribuire forme di autonomia su materie quali le politiche attive del lavoro, consente di salvaguardare quanto di positivo hanno prodotto le autonomie regionali.

Peraltro il testo sottoposto al giudizio degli elettori non è risolutivo di tutti i problemi aperti e con tutta probabilità richiederà ulteriori interventi di manutenzione e di adeguamento dell’impianto costituzionale. Sarebbe auspicabile che ciò avvenisse in un contesto caratterizzato da strategie di ampio respiro e non da scelte tattiche che spesso hanno caratterizzato il processo di revisione della Carta Costituzionale. La ragione del nostro Sì sta nella necessità di giungere ad un primo risultato dopo decenni di iniziative e di confronti che avevano come obiettivo la riforma costituzionale.

Da formiche.net

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